Si può essere vegan in percentuale?
Vegan in casa? Vegan a periodi? Vegan a condizione che …?
No, il veganismo non è una scelta condizionale, è categorica: o si è vegani o non lo si è.
Il livello di conoscenza, di motivazione e di consapevolezza può essere diverso per ognuno, ma non si può essere più vegani o meno vegani di altri.
Sì è vegani quando si evita di compiere, sostenere o partecipare ad ogni tipo di uso, di sfruttamento e di crudeltà sugli animali, per ragioni etiche legate al riconoscimento del valore della vita e dei diritti degli animali.
Non si può essere vegani per motivi ambientali, salutistici, economici, umanitari, politici, spirituali ecc. Non si può essere vegani per motivi estranei al rispetto degli animali, siano essi motivi giusti e condivisibili o meno. Per motivi come questi si può adottare un’alimentazione o uno stile di vita simile a quello dei vegani, e di solito lo si fa solo per prova o comunque per un periodo limitato della propria vita, ma è solo per gli animali che si può essere vegani perché questo è il vero significato del termine.
Normalmente da una scelta motivata da qualcosa di così importante non si vuole più tornare indietro perché ci si rende conto che sarebbe palesemente e gravemente sbagliato. Ci si rende conto che non può esistere nulla di così importante da far “tornare indietro”.
Sia l’aspetto pratico che quello teorico sono necessari per potersi definire vegani, perché solo una scelta che li comprenda entrambi porta a salvare e a risparmiare animali.
Se così non fosse, oltre a snaturare in modo drastico il significato del termine, in barba al suo creatore e a tutto il movimento, si perderebbe il senso e l’efficacia del veganismo (quella di salvare animali): i carnisti si comporterebbero come prima, semplicemente affibiandosi l’etichetta di vegano. Oppure, nel caso di chi vorrebbe dirsi vegano per un qualunque motivo estraneo ai diritti animali, apriremmo la strada a situazioni in cui le persone si dicono vegane ma poi cambiano idea sostenendo che “era troppo difficile”, “non mi sentivo bene”, o qualsiasi altra scusa o ragione. Cosa non altrettanto probabile quando si è vegani per l’unico vero e più importante motivo: salvare gli animali.
Chi già evita di compiere queste azioni, ma lo fa per motivi differenti, sarà probabilmente più facilitato nel fare questa scelta da un punto di vista pratico, nel caso la volesse fare, ma non è vegano.
Allo stesso modo chi condivide le motivazioni etiche del veganismo ma ancora non evita tutte le forme di uso, sfruttamento e crudeltà verso di loro, sarà probabilmente più facilitato nel fare questa scelta da un punto di vista teorico e mentale, ma neanche in questo caso è vegano.
Ad esempio i vegetariani non sono un tipo di vegani ma sono un tipo di carnisti. Magari condividono alcune cose con i vegani dal punto di vista teorico e pratico, ma finché non fanno la scelta vegana rimangono carnisti.
C’è chi parla di “sgarri” al veganismo, ma non ha senso parlare di sgarri in merito a questa scelta perché non si tratta di una dieta, si tratta della vita di qualcuno: quella degli animali.
Le “rinunce” che un vegano fa, se così le vogliamo chiamare, non hanno nulla a che vedere con quelle di una qualunque scelta personale perché non sono dettate da motivi egoistici. In questo senso non è che un vegano non possa consumare determinate cose ma non vuole perché sa che non è giusto. Non è giusto in assoluto per nessuno.
Ognuno ha il controllo solo sulle proprie scelte, non su quelle degli altri. Per questo siamo costretti a limitarci alle nostre scelte individuali. Oltre a questo, tutto ciò che possiamo fare è cercare di salvare gli animali attraverso l’attivismo. Nel farlo però dobbiamo fare attenzione a come presentiamo il veganismo.
Esistono persone che si dicono vegane ma non lo sono realmente, alcune perché non vegane sotto l’aspetto teorico, altre perché non vegane sotto l’aspetto pratico.
Il veganismo non è un’imposizione o un dogma. E’ un dovere morale che non può essere imposto. O ne capisci l’importanza e lo scegli, oppure no.
Se c’è il contadino che produce miele e uova “senza fare del male agli animali” non li mangi.
Come tutti i prodotti animali, il miele e le uova senza crudeltà sono un’illusione, e in ogni caso dobbiamo dare il buon esempio e abituarci a non considerare più queste cose come cibo.
Se sei fuori casa e non trovi niente di vegano non mangi e la prossima volta ti prepari qualcosa da casa o ti organizzi per tempo.
Se ti hanno preparato il pollo ruspante, che tu sia ospite di parenti e conoscenti, che tu sia in una comunità indigena in Sudamerica, non lo mangi.
Non esiste il “mi sento a disagio a rifiutare una cena preparata per me con tanto amore”.
Quale amore? Quello della violenza estrema sugli animali? Quello del non rispetto delle tue scelte etiche fondamentali?
Non esiste il “non cel’ho fatta a resistere”, “ogni tanto si può sgarrare”, “ognuno ha le sue debolezze”… Certe debolezze vanno superate, non seguite.
Esistono buoni motivi per evitare anche i prodotti non vegani recuperati, cioè quelli che altrimenti verrebbero buttati via. *
Evitare i prodotti di origine animale non è sinonimo di perfezione, si tratta di pura e semplice decenza. Non è così difficile. Le difficoltà nella vita sono altre. E poi se consideriamo quanto può essere difficile per gli animali affrontare la loro condizione, le nostre eventuali difficoltà non sono nulla. Evitiamo le esagerazioni.
Alcuni vegani tendono ad essere accondiscendenti con questi comportamenti e questo non fa bene al movimento vegan e agli animali.
Se diamo alle persone il via libera per consumare prodotti animali in alcune circostanze e dirsi comunque vegan, o descriviamo questi comportamenti come accettabili e giustificabili, le persone non prenderanno sul serio questa scelta e nemmeno ridurranno il loro consumo di prodotti animali.
Ovviamente in questo non rientrano gli errori fatti in buona fede, né le contaminazioni dei piatti e dei prodotti, le quali non fanno alcuna differenza per gli animali (come ad esempio il vegburger cotto sulla stessa piastra dove cuociono il burger di carne, o la scritta “possibili tracce di” sulle confezioni).
Di solito chi dice di essere “flexitariano” o di “mangiare poca carne” o “solo le uova delle galline felici” non lo fa veramente ma trova sempre delle scuse per dire che questa volta farà un’eccezione, questo senza contare che non sarebbe accettabile nemmeno se fosse vero.
Chiaramente non dobbiamo avere un atteggiamento che allontana le persone dal veganismo, ma non dobbiamo nemmeno modificare il veganismo per adattarlo agli sbagli delle persone.
Se non siamo fermi, con noi stessi e con gli altri, nel giudicare questi comportamenti come gravi e sbagliati, non otteniamo nulla di buono per gli animali, anzi apriamo le porte alla crudeltà verso di loro ed al loro sfruttamento. Dobbiamo smettere di considerare i prodotti di origine animale come cibo e gli animali come risorse.
Se iniziamo a dire che chi è vegan può fare degli sgarri o delle eccezioni stiamo dando un messaggio fuorviante sul significato della scelta vegan e rischiamo anche di perdere credibilità e di alimentare i pregiudizi sulla non sostenibilità dell’alimentazione vegan per la salute umana, ancora fortemente presenti nella società.
Non è questo il modo giusto di avvicinare le persone al veganismo.
E’ vero che anche chi non diventa vegano ma riduce il suo contributo allo sfruttamento e alla crudeltà sugli animali fa una cosa migliorativa, ed è un bene che sempre più persone facciano così piuttosto che niente. Ma questo non significa che dobbiamo giustificare il consumo di prodotti animali, perché daremmo un messaggio sbagliato e faremmo solo un danno agli animali.
E poi probabilmente una buona parte dei carnisti che sta riducendo il proprio consumo di prodotti animali lo fa proprio per venire incontro ai vegani che frequenta. Se fossero i vegani ad adottare comportamenti simili ai carnisti, questo effetto verrebbe certamente limitato.
Le scelte individuali sono fondamentali, imprescindibili e determinanti.
Sì è vegani quando si evita di compiere, sostenere o partecipare ad ogni tipo di uso, di sfruttamento e di crudeltà sugli animali, per ragioni etiche legate al riconoscimento del valore della vita e dei diritti degli animali.
Non si può essere vegani per motivi ambientali, salutistici, economici, umanitari, politici, spirituali ecc. Non si può essere vegani per motivi estranei al rispetto degli animali, siano essi motivi giusti e condivisibili o meno. Per motivi come questi si può adottare un’alimentazione o uno stile di vita simile a quello dei vegani, e di solito lo si fa solo per prova o comunque per un periodo limitato della propria vita, ma è solo per gli animali che si può essere vegani perché questo è il vero significato del termine.
Normalmente da una scelta motivata da qualcosa di così importante non si vuole più tornare indietro perché ci si rende conto che sarebbe palesemente e gravemente sbagliato. Ci si rende conto che non può esistere nulla di così importante da far “tornare indietro”.
Sia l’aspetto pratico che quello teorico sono necessari per potersi definire vegani, perché solo una scelta che li comprenda entrambi porta a salvare e a risparmiare animali.
Se così non fosse, oltre a snaturare in modo drastico il significato del termine, in barba al suo creatore e a tutto il movimento, si perderebbe il senso e l’efficacia del veganismo (quella di salvare animali): i carnisti si comporterebbero come prima, semplicemente affibiandosi l’etichetta di vegano. Oppure, nel caso di chi vorrebbe dirsi vegano per un qualunque motivo estraneo ai diritti animali, apriremmo la strada a situazioni in cui le persone si dicono vegane ma poi cambiano idea sostenendo che “era troppo difficile”, “non mi sentivo bene”, o qualsiasi altra scusa o ragione. Cosa non altrettanto probabile quando si è vegani per l’unico vero e più importante motivo: salvare gli animali.
Chi già evita di compiere queste azioni, ma lo fa per motivi differenti, sarà probabilmente più facilitato nel fare questa scelta da un punto di vista pratico, nel caso la volesse fare, ma non è vegano.
Allo stesso modo chi condivide le motivazioni etiche del veganismo ma ancora non evita tutte le forme di uso, sfruttamento e crudeltà verso di loro, sarà probabilmente più facilitato nel fare questa scelta da un punto di vista teorico e mentale, ma neanche in questo caso è vegano.
Ad esempio i vegetariani non sono un tipo di vegani ma sono un tipo di carnisti. Magari condividono alcune cose con i vegani dal punto di vista teorico e pratico, ma finché non fanno la scelta vegana rimangono carnisti.
C’è chi parla di “sgarri” al veganismo, ma non ha senso parlare di sgarri in merito a questa scelta perché non si tratta di una dieta, si tratta della vita di qualcuno: quella degli animali.
Le “rinunce” che un vegano fa, se così le vogliamo chiamare, non hanno nulla a che vedere con quelle di una qualunque scelta personale perché non sono dettate da motivi egoistici. In questo senso non è che un vegano non possa consumare determinate cose ma non vuole perché sa che non è giusto. Non è giusto in assoluto per nessuno.
Ognuno ha il controllo solo sulle proprie scelte, non su quelle degli altri. Per questo siamo costretti a limitarci alle nostre scelte individuali. Oltre a questo, tutto ciò che possiamo fare è cercare di salvare gli animali attraverso l’attivismo. Nel farlo però dobbiamo fare attenzione a come presentiamo il veganismo.
Esistono persone che si dicono vegane ma non lo sono realmente, alcune perché non vegane sotto l’aspetto teorico, altre perché non vegane sotto l’aspetto pratico.
Il veganismo non è un’imposizione o un dogma. E’ un dovere morale che non può essere imposto. O ne capisci l’importanza e lo scegli, oppure no.
Se c’è il contadino che produce miele e uova “senza fare del male agli animali” non li mangi.
Come tutti i prodotti animali, il miele e le uova senza crudeltà sono un’illusione, e in ogni caso dobbiamo dare il buon esempio e abituarci a non considerare più queste cose come cibo.
Se sei fuori casa e non trovi niente di vegano non mangi e la prossima volta ti prepari qualcosa da casa o ti organizzi per tempo.
Se ti hanno preparato il pollo ruspante, che tu sia ospite di parenti e conoscenti, che tu sia in una comunità indigena in Sudamerica, non lo mangi.
Non esiste il “mi sento a disagio a rifiutare una cena preparata per me con tanto amore”.
Quale amore? Quello della violenza estrema sugli animali? Quello del non rispetto delle tue scelte etiche fondamentali?
Non esiste il “non cel’ho fatta a resistere”, “ogni tanto si può sgarrare”, “ognuno ha le sue debolezze”… Certe debolezze vanno superate, non seguite.
Esistono buoni motivi per evitare anche i prodotti non vegani recuperati, cioè quelli che altrimenti verrebbero buttati via. *
Evitare i prodotti di origine animale non è sinonimo di perfezione, si tratta di pura e semplice decenza. Non è così difficile. Le difficoltà nella vita sono altre. E poi se consideriamo quanto può essere difficile per gli animali affrontare la loro condizione, le nostre eventuali difficoltà non sono nulla. Evitiamo le esagerazioni.
Alcuni vegani tendono ad essere accondiscendenti con questi comportamenti e questo non fa bene al movimento vegan e agli animali.
Se diamo alle persone il via libera per consumare prodotti animali in alcune circostanze e dirsi comunque vegan, o descriviamo questi comportamenti come accettabili e giustificabili, le persone non prenderanno sul serio questa scelta e nemmeno ridurranno il loro consumo di prodotti animali.
Ovviamente in questo non rientrano gli errori fatti in buona fede, né le contaminazioni dei piatti e dei prodotti, le quali non fanno alcuna differenza per gli animali (come ad esempio il vegburger cotto sulla stessa piastra dove cuociono il burger di carne, o la scritta “possibili tracce di” sulle confezioni).
Di solito chi dice di essere “flexitariano” o di “mangiare poca carne” o “solo le uova delle galline felici” non lo fa veramente ma trova sempre delle scuse per dire che questa volta farà un’eccezione, questo senza contare che non sarebbe accettabile nemmeno se fosse vero.
Chiaramente non dobbiamo avere un atteggiamento che allontana le persone dal veganismo, ma non dobbiamo nemmeno modificare il veganismo per adattarlo agli sbagli delle persone.
Se non siamo fermi, con noi stessi e con gli altri, nel giudicare questi comportamenti come gravi e sbagliati, non otteniamo nulla di buono per gli animali, anzi apriamo le porte alla crudeltà verso di loro ed al loro sfruttamento. Dobbiamo smettere di considerare i prodotti di origine animale come cibo e gli animali come risorse.
Se iniziamo a dire che chi è vegan può fare degli sgarri o delle eccezioni stiamo dando un messaggio fuorviante sul significato della scelta vegan e rischiamo anche di perdere credibilità e di alimentare i pregiudizi sulla non sostenibilità dell’alimentazione vegan per la salute umana, ancora fortemente presenti nella società.
Non è questo il modo giusto di avvicinare le persone al veganismo.
E’ vero che anche chi non diventa vegano ma riduce il suo contributo allo sfruttamento e alla crudeltà sugli animali fa una cosa migliorativa, ed è un bene che sempre più persone facciano così piuttosto che niente. Ma questo non significa che dobbiamo giustificare il consumo di prodotti animali, perché daremmo un messaggio sbagliato e faremmo solo un danno agli animali.
E poi probabilmente una buona parte dei carnisti che sta riducendo il proprio consumo di prodotti animali lo fa proprio per venire incontro ai vegani che frequenta. Se fossero i vegani ad adottare comportamenti simili ai carnisti, questo effetto verrebbe certamente limitato.
Le scelte individuali sono fondamentali, imprescindibili e determinanti.
Basta con queste assurdità, idee infondate e ingiuste verso gli animali, e basta con questa de-responsabilizzazione.
*
1. A volte i familiari preoccupati lo fanno a posta, cioè comprano una quantità maggiore di prodotti di origine animale e fanno finta di buttarli per farteli mangiare;
2. Il consumo di prodotti animali recuperati può diventare un trampolino di lancio per riprendere a consumare prodotti animali;
3. Se accettiamo di consumare questi prodotti che esempio diamo? Che messaggio diamo? Quello che nemmeno i vegani seguono davvero un’alimentazione vegana. La gente pensa: “Ecco perché ci sono persone che dicono di essere vegane da decenni e sono in salute, perché di nascosto mangiano prodotti animali. Allora è vero che non si può essere vegani!”;
4. Se accettiamo di consumare questi prodotti facciamo passare l’idea, a noi e a gli altri, che i prodotti animali sono cibo, mentre per salvare animali c’è bisogno che smettiamo di considerarli in questo modo;
5. Nella nostra società, di prodotti non vegani che vengono buttati (come per qualsiasi prodotto alimentare, soprattutto fresco) ce ne sono sempre in abbondanza. Attualmente, se i vegani si organizzassero potrebbero consumare spesso prodotti non vegani senza mai comprarne uno. Ma in questo modo creeremmo un ostacolo alla diffusione del veganismo e all’abolizione dello sfruttamento degli animali.
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1. A volte i familiari preoccupati lo fanno a posta, cioè comprano una quantità maggiore di prodotti di origine animale e fanno finta di buttarli per farteli mangiare;
2. Il consumo di prodotti animali recuperati può diventare un trampolino di lancio per riprendere a consumare prodotti animali;
3. Se accettiamo di consumare questi prodotti che esempio diamo? Che messaggio diamo? Quello che nemmeno i vegani seguono davvero un’alimentazione vegana. La gente pensa: “Ecco perché ci sono persone che dicono di essere vegane da decenni e sono in salute, perché di nascosto mangiano prodotti animali. Allora è vero che non si può essere vegani!”;
4. Se accettiamo di consumare questi prodotti facciamo passare l’idea, a noi e a gli altri, che i prodotti animali sono cibo, mentre per salvare animali c’è bisogno che smettiamo di considerarli in questo modo;
5. Nella nostra società, di prodotti non vegani che vengono buttati (come per qualsiasi prodotto alimentare, soprattutto fresco) ce ne sono sempre in abbondanza. Attualmente, se i vegani si organizzassero potrebbero consumare spesso prodotti non vegani senza mai comprarne uno. Ma in questo modo creeremmo un ostacolo alla diffusione del veganismo e all’abolizione dello sfruttamento degli animali.