05 novembre 2023

Antispecismo Politico (Argomentazioni)

 

“Il problema di fondo dello sfruttamento degli animali è il capitalismo.”

No, il problema dello sfruttamento degli animali non è il capitalismo, semplicemente essendoci una mentalità specista che vede gli animali come oggetti, il capitalismo usa anche gli animali come merci. Questa mentalità esisteva ed esiste anche al di fuori del capitalismo e a prescindere da qualunque sistema socioeconomico.
Anche nelle società non capitaliste si usano animali come merci, perché considerato normale e necessario. Il socialismo puro non impedisce lo sfruttamento degli animali e offre comunque gli strumenti per sviluppare l’allevamento come settore economico. Il capitalismo ha solo incrementato il fenomeno.


“Lo sfruttamento viene solo dal capitale, altrimenti non ci può essere sfruttamento.”


Lo sfruttamento e l’oppressione di individui umani e non umani non è una manifestazione propria del capitalismo. Anche in una società puramente socialista, dove non esiste la proprietà privata, esiste la proprietà, solo che si tratta di proprietà collettiva e non individuale, ma lo sfruttamento è comunque possibile. Lo sfruttamento degli individui non è nella dicotomia di proprietà privata-proprietà pubblica, piuttosto è nell’estensione del concetto di proprietà agli individui, cioè l’idea di poter possedere qualcuno come se fosse qualcosa, idea che prescinde dalle posizioni politiche e dall’assetto politico di una società. Questo oggi è pienamente vero ed evidente solo nel caso dei non umani.


“La liberazione animale e umana è fondamentalmente liberazione dal capitale.”


Questa affermazione è ingannevole. Liberi dal capitalismo non significa liberi dallo sfruttamento e dalla crudeltà, né sugli umani, tantomeno sui non umani.


“La soluzione è l’eco-socialismo: la possibilità degli umani di dominare il proprio dominio sulla natura. / La soluzione è l’anarco-primitivismo: il ritorno alle società pre-agricole.”

Il movimento per i diritti animali e per la liberazione animale è legato alle posizioni dell’animalismo, del veganismo e dell’antispecismo, mentre non è legato ad alcuna posizione politica, e non deve essere strumentalizzato a fini politici. Ogni persona può avere le idee politiche che vuole, e di fatto animalisti, vegani e antispecisti hanno le idee politiche più svariate.
Comunque il socialismo e il primitivismo in tutte le loro possibili declinazioni, così come in ogni altro ordinamento politico, non impediscono lo sfruttamento e la crudeltà sugli animali. Allo stesso tempo la cultura di una società civilizzata e capitalista può acquisire il veganismo e l’antispecismo e in essa possono essere aboliti lo sfruttamento e la crudeltà sugli animali.


“Tutto è politico.”

Questo è un fraintendimento o un tentativo di manipolazione. Volendo si può definire politico ogni aspetto che ha a che fare con l’organizzazione di un gruppo di individui, quindi anche una associazione e un gruppo di attivisti, o persino l’intervento di un solo attivista nella società.
Ma, contrariamente a quanto si vuole far credere, questo non significa che l’attivismo di per sé abbia un orientamento politico (destra, sinistra ecc).


“Esistono solo destra e sinistra.”

Questa è una banalizzazione molto diffusa, che rende poco chiare e fraintendibili le posizioni politiche e il modo in cui possono essere schematizzate.
Tutto è stato appiattito sull’unica dimensione orizzontale destra-sinistra. Inoltre a queste sono state associate posizioni etiche o di altro tipo (come le tradizioni, l’ambientalismo e la religione) che in realtà non c’entrano nulla con l’orientamento politico.


“E’ una questione politica, non partitica.”


Questa affermazione non fa altro che confondere ulteriormente le idee.
Semmai è il contrario, ovvero ciò che può avere senso è giudicare le scelte di un partito rispetto a quelle degli altri, piuttosto che inquadrare l’antispecismo in un orientamento politico.
Un approccio più efficace per avere una classe dirigente più favorevole alle richieste animaliste/vegane/antispeciste è quello di far eleggere i singoli rappresentanti politici di ogni partito che si impegnano per questa causa e non si fanno influenzare dalle lobby degli sfruttatori di animali.
Fratelli d'Italia e Lega si sono dimostrati finora i partiti peggiori in questo senso, ma ciò non significa che l'antispecismo sia di sinistra o che in ogni caso la destra non possa che essere specista e a favore dello sfruttamento degli animali, sia a livello di partiti che a livello puramente filosofico. Senza contare che tutti i maggiori partiti, a prescindere dal loro posizionamento, hanno fatto scelte gravemente ingiuste verso i non umani.
Se un governo si dimostra peggiore di altri per gli animali è giusto dirlo, ma non è giusto contribuire a creare divisione all'interno del movimento attraverso posizionamenti e strumentalizzazioni politiche. L'antispecismo non ha alcun colore politico.


“La destra non può che essere specista.”

Falso. La destra, così come ogni altra posizione politica non c’entra con lo specismo e l’antispecismo, che sono temi esclusivamente etici. L’unica cosa che caratterizza la destra è il capitalismo. Si tratta di una posizione riguardante un modello economico individualista e competitivo. Tutto il resto è solo frutto di strumentalizzazioni, fraintendimenti e contingenze sociali.
Non bisogna confondere concetti come quello di proprietà privata, libero mercato, capitalismo, meritocrazia, individualismo e concorrenza con quelli di discriminazione, negazione di diritti e sfruttamento.


“L’autoritarismo non può che essere specista.”

Persino l’autoritarismo non c’entra con questioni etiche come quella dello sfruttamento e della crudeltà sugli animali. E’ pur vero che in una società fortemente autoritarista sarebbe più difficile lottare per i diritti degli animali e per la loro liberazione dallo sfruttamento umano, e far diventare la società più vegan e più antispecista, a meno che chi è al potere non lo voglia, il che è molto improbabile.
In ogni caso, per questioni di sostenibilità, gli esseri umani, volenti o nolenti, dovranno abbandonare l’allevamento e con esso la quasi totalità dello sfruttamento e della crudeltà sugli animali. Almeno dal punto di vista pratico, questo coinvolgerà tutte le nazioni, compresi gli stati e i governi più autoritari, i quali, avvalendosi del loro maggiore autoritarismo potrebbero anche essere più efficaci nell’imporre un cambio di rotta. Questo almeno fino a che non verranno abbattuti da attacchi interni o esterni.


“Bisogna contrastare l’antispecismo fascista.”

Esistono alcuni tipi di posizionamento politico che se associati al movimento per gli animali sarebbero più deleteri di altri, cioè quelli più mal visti dalla maggior parte delle persone e quelli storicamente legati alle peggiori ingiustizie e violenze verso esseri umani. Quindi certamente una strumentalizzazione fascista dell’antispecismo, o in generale del movimento per i diritti animali andrebbe rigettata e contrastata. Tuttavia per il bene degli animali è fondamentale rigettare non solo posizioni come questa, ma ogni tipo di posizionamento politico. Qualunque posizione politica creerebbe solo altri schieramenti, altra divisione.


“Per gli animali, l’autoritarismo e la destra sono peggiori del libertarismo e della sinistra.”

Forse è vero che i partiti più autoritaristi e quelli più di destra di solito fanno le scelte peggiori per gli animali, ma il problema non sono le posizioni politiche in sé, semmai il modo in cui socialmente si manifestano.
E’ vero che le idee maggiormente di destra e autoritariste, per come vengono comunemente intese e applicate, sono evidentemente più problematiche per gli animali (e non solo) sia perché più spesso fanno gli interessi di lobby come quelle degli allevatori e dei cacciatori, sia perché di fatto difendono più di frequente visioni più tradizionaliste e meno aperte ai diritti ed alle libertà.
In ogni caso questo non significa che l’autoritarismo e la destra, a livello teorico/filosofico siano speciste o a favore dello sfruttamento e della crudeltà sugli animali.


“Sostenere che il movimento per i diritti animali debba rimanere apolitico significa creare divisione.”


E’ esattamente il contrario! Questo è un esempio di come coloro che intendono strumentalizzare il movimento per i diritti animali proiettino le proprie stesse colpe sui loro avversari.


“Esistono solo due possibilità: la scelta vegan può essere individuale, cioè intrapresa solo per sentirsi apposto con la coscienza, oppure può essere portata avanti con un approccio politico, cioè agendo per ottenere un veganismo collettivo.”

Questa è una mera tattica manipolativa per far accettare una strumentalizzazione politica del movimento per i diritti animali.
Fare attivismo per gli animali è una scelta altruistica meritoria che contribuisce a generare un cambiamento nella società salvando attivamente animali, ma la scelta vegan di fatto contribuisce a risparmiare sofferenza e morte agli animali, evitando di contribuire al loro sfruttamento e alla loro uccisione. La scelta vegan non è una scelta egoistica.
E’ importante chiarire che animalismo, veganismo e antispecismo non sono posizioni politiche ma sono posizioni etiche. Le posizioni politiche riguardano l’organizzazione della società in base a modelli economici, modelli di organizzazione gerarchica o di progresso tecnologico. Le posizioni etiche invece riguardano un giudizio morale, cioè un giudizio di “giusto” e “sbagliato”, di “bene” e “male” in merito a scelte e comportamenti.


“Il problema degli animali è la società industriale.”

Anche nelle società pre-industriali si sfruttano e uccidono animali. La società industriale può al massimo aumentare il numero delle vittime. In ogni caso non è un processo reversibile. Se anche si riuscisse a far tornare le società ad un livello pre-industriale è probabile che presto o tardi tornerebbero di nuovo al livello industriale. Molto meglio investire le risorse per cambiare la cultura sfruttando la ricchezza e le potenzialità tecnologiche date dalla stessa società industriale per arrivare a questo cambiamento.


“La società industriale e il capitalismo distruggono la natura.”

Prima di tutto va considerato che difendere gli animali non significa difendere la natura.
E’ vero che le società industriali, alimentate dal capitalismo, hanno un impatto maggiore sull’ambiente e quindi sugli animali che ci abitano, causando loro anche involontariamente morte e sofferenza. C’è però da dire che le società industriali potrebbero trovare dei sistemi per ridurre di molto questi effetti se tenessero conto dei diritti dei non umani. Tra l’altro la direzione intrapresa sembra essere proprio questa. Invece che puntare all’abbandono della società industriale appare più realistico ed efficace sfruttare le risorse che questa offre per aiutare gli animali che vivono liberi nell’ambiente, dove comunque la morte prematura e la sofferenza abbondano anche senza l’intervento umano.


“E’ lo stato il problema perché sovvenziona e tiene in piedi le aziende che sfruttano gli animali.”


Lo stato non predilige le attività crudeli verso gli animali per sua natura. Una delle funzioni dello stato è quella di sostenere le attività economiche della società, a prescindere dalla loro eticità. Queste dipendono dalle influenze sociali, prima che dalla struttura statale. Esisterebbero (ed esistevano) anche senza uno stato. Inoltre è molto più realistico eliminare lo sfruttamento e la crudeltà sugli animali all’interno di una società organizzata in una struttura statale piuttosto che eliminare lo stato stesso.


“L’animalismo e il veganismo sono borghesi, mentre l’antispecismo è proletario.”

Niente di più sbagliato di suddividere una posizione etica e un movimento in classi sociali.
La capacità di capire queste posizioni etiche non è vincolata dalla classe sociale d’appartenenza.
Inoltre questa affermazione non trova riscontro nella realtà. Sarebbe solo uno sbaglio creare degli stereotipi.


“L’attivismo per gli animali non deve necessariamente avere a che fare con gli animali.”

Qui siamo nel campo della pura speculazione. E’ un bene avere un minimo di apertura ad ogni punto di vista. Non lo è lasciarsi convincere, e cercare di convincere altri, di cose che non hanno prova né argomentazioni valide a loro sostegno. L'unica certezza è che per combattere lo sfruttamento e la crudeltà sugli animali è necessario fare attivismo contro lo sfruttamento e la crudeltà sugli animali.


“Se non attacchi il sistema capitalistico che agisce sui media non stai facendo attivismo per gli animali.”

Questa è un’assurdità. La distribuzione di materiale informativo, le manifestazioni, i presidi di protesta, i rifugi, l’azione diretta, gli incontri nelle scuole, i banchetti informativi, le petizioni, la proiezione di video in città, sono tutti esempi di attivismo per gli animali che, assieme, servono a salvare/risparmiare animali. Attaccare il sistema capitalistico, invece, non è attivismo per gli animali. Il fatto che i media siano condizionati da pubblicità e sponsor, o da altri tipi di interessi, è certamente un ostacolo ma non è insuperabile. Il veganismo è destinato ad aumentare e lo sfruttamento animale a retrocedere per cui, se già ora, con interessi enormi legati al consumo di prodotti animali, si sta riuscendo a far passare messaggi in difesa degli animali, in futuro i media non saranno più un impedimento ma una risorsa.


“La morale non può essere tradotta in atto pratico perché manca la riflessione su cos’è lo specismo da un punto di vista materiale, sociale, storico e quindi politico.”

Qui si gioca sull’ambiguità della parola ‘politica’. Possiamo anche chiamare ‘politici’ tutti questi aspetti, ma ciò non significa che lo specismo abbia un colore politico, cioè che sia di sinistra piuttosto che di destra, ecc… Che una posizione morale, cioè etica, non possa trovare un’applicazione sociale efficace e che manchi necessariamente di quelle riflessioni è falso. Semplicemente non è una questione di orientamento politico. Questo non ha senso logico e non è necessario, anzi sarebbe solo un errore e un danno al movimento stesso.
Il movimento per i diritti animali fa già un’analisi sociale, materiale e storica in modo completo, ovvero per tutto ciò che riguarda lo sfruttamento degli animali.
In ogni caso l’analisi di questi aspetti non porta affatto a riconoscere una posizione politica nel problema dello sfruttamento degli animali.


“L’egemonia neoliberista ci illude che il nostro privato sia importante.”


Non è l’egemonia neoliberista a dirlo ma la semplice logica. Essere vegan è importante, è fondamentale e doveroso. Fare attivismo per gli animali è importante, fa davvero la differenza.
Il veganismo nel mondo sta risparmiando vite e morti orribili agli animali.
Non solo perché i vegani hanno raggiunto la massa critica ma perché influenzano la società anche in modo indiretto, ad esempio attraverso il contrasto alle lobby degli allevatori e degli altri sfruttatori di animali, la spinta verso offerte di prodotti vegani particolari nella grande distribuzione, il superamento dei pregiudizi della gente (compresi i medici e gli esperti in altri campi) e attraverso la riduzione del consumo di prodotti animali tra i non vegani.
Ma se anche non fosse così, rimarrebbe comunque il fatto che i vegani costituiscono un esempio, una risorsa di testimonianze e informazioni per un futuro sempre più vegano, nel quale ci sarà sempre di più la necessità di abbandonare l’allevamento per questioni ambientali, sociali e sanitarie. Questo senza considerare le realtà di allevamento e di commercio più piccole, dove anche un solo acquisto può incidere sul numero di vittime.


“Il superamento dello sfruttamento animale in ambito alimentare tramite l’agricoltura cellulare non basta.”

L’agricoltura cellulare potrebbe essere uno strumento importantissimo per salvare gli animali dall’industria zootecnica e per superare la mentalità specista attuale.
E’ vero, non basta, non perché il problema risieda in un modello socioeconomico piuttosto che un’altro, ma perché è necessario che sia la cultura della società a cambiare abbandonando l’idea che gli animali sono oggetti e risorse a disposizione degli esseri umani e che sia moralmente accettabile allevarli, schiavizzarli, ucciderli e mangiare i loro corpi. I prodotti animali da agricoltura cellulare sono uno strumento per cambiare le abitudini e il punto di vista degli esseri umani e così andare in questa direzione.


“Dobbiamo arrivare ai palazzi del potere.”

Se si intende il riuscire ad influenzare le decisioni della classe dirigente mediante strategie di lobby o mediante elezione di candidati più animalisti di altri all’interno di ogni partito, allora questo serve.
Se invece si intende il far crescere un partito animalista allora probabilmente è ancora troppo presto per riuscire ad ottenere qualcosa in questo modo. Per una causa così osteggiata e poco voluta dalla società come quella vegan/antispecista è molto difficile che funzioni. Con buone probabilità sarebbe solo uno spreco di risorse, e al massimo un vantaggio per pochi rappresentanti politici. Prima di tentare con una strategia simile è ancora necessario indebolire gli allevatori e gli altri sfruttatori di animali, rafforzare il movimento vegan e rendere la società più aperta al veganismo. Va anche considerato che una volta resa percorribile questa strategia, cioè potenzialmente efficace, è importante fare attenzione a non far diventare questa opzione una causa di posizionamento politico e quindi di fraintendimenti e divisioni.

 

Ultimo aggiornamento: 5 novembre 2023