12 giugno 2025

Il Veganismo e le Teorie Etiche Normative


Nell'etica normativa (una parte della filosofia morale) esistono tre principali teorie che descrivono le “regole” in base alle quali le azioni vengono giudicate come giuste o sbagliate. Sono:

· il consequenzialismo, secondo il quale la moralità delle azioni si basa sulle conseguenze (un’azione è giusta o sbagliata in base al risultato, in un calcolo degli effetti positivi e di quelli negativi, a prescindere dall’azione e dal carattere morale di chi la compie);

· la deontologia, secondo la quale la moralità delle azioni si basa sui principi (un’azione è giusta o sbagliata di per sé, per principio, a prescindere dalle sue conseguenze e dal carattere morale di chi la compie);

· e l’etica della virtù, secondo la quale la moralità delle azioni si basa sul carattere morale (un’azione è giusta o sbagliata in base al suo allineamento alle virtù o ai vizi, a prescindere dall’azione e dalle sue conseguenze).

Queste tre teorie etiche possono essere adottate separatamente o assieme, in combinazioni e modalità differenti. Non se ne deve scegliere per forza una.

Ci sono persone che considerano il veganismo come una posizione appartenente ad una specifica teoria etica tra queste. Secondo loro il veganismo non può e non deve essere interpretato attraverso nessun’altra teoria etica normativa. Inoltre spesso chi ha questa idea sostiene anche che l’attivismo vegan non debba essere accompagnato da nessun approccio che non sia in linea con la propria teoria etica di riferimento.

Questa visione è sbagliata e dannosa per il movimento vegan e per gli animali perché il veganismo in realtà può essere adottato mediante tutte e tre queste teorie, sia da sole sia combinate assieme.

Le persone non hanno tutte lo stesso modo di ragionare e lo stesso punto di vista su come esattamente le azioni dovrebbero essere giudicate sotto l'aspetto morale, ed escludendo gli altri modi di intendere l’etica nel dettaglio, non faremmo altro che allontanare e dissuadere tantissime persone dall’idea di diventare vegane e di prendere parte al movimento.

Avversando tutti gli approcci all’attivismo vegan che non sono in linea con una specifica teoria etica faremmo solo un danno agli animali, perché tutti gli approcci sono importanti, tutti servono a salvare animali e a diffondere il veganismo fintanto che non sono deleteri per il movimento.

Se il veganismo fosse davvero basato su una singola teoria etica, perché questo non vale anche per la contrarietà alla schiavitù umana? Se così fosse, allora anche la contrarietà allo sfruttamento e alla crudeltà verso gli esseri umani dovrebbe essere basata su una specifica teoria etica normativa. Ma non è così. Infatti quasi tutti sono contrari alla schiavitù e alla crudeltà verso gli esseri umani, e lo sono a prescindere dalla teoria etica che è loro più affine.

Oltretutto, l’interpretazione del veganismo secondo una singola teoria etica tra le tre principali sembra porti più facilmente ad errori e a fraintendimenti rispetto ad un approccio combinato.

Chiaramente non succede sempre, però, con questo voler subordinare il veganismo ad una specifica teoria etica sembra aumentare la tendenza a generare problemi non solo a danno della comprensione del suo significato ma, cosa ben peggiore, a danno degli animali, attraverso un rallentamento della sua diffusione, un impedimento all’attivismo, una riduzione della sua efficacia, e una sua distorsione a favore di cause estranee e a volte persino in contrasto al veganismo stesso.

Con un’interpretazione unicamente basata sull’etica della virtù aumenta il rischio di essere altezzosi ed egocentrici, dando troppa importanza alla reputazione e al giudizio personale, e perdendo di vista il vero senso del veganismo.

Con un’interpretazione unicamente basata sulla deontologia aumenta il rischio di essere dogmatici ed eccessivamente intransigenti sui metodi da utilizzare nell’attivismo, finendo per ostacolare anche quelli giusti e utili a salvare animali, puntando troppo alla purezza delle azioni e troppo poco ai risultati, sopravvalutando l’importanza di alcune circostanze e sottovalutandone altre.

Con un’interpretazione unicamente basata sul consequenzialismo aumenta il rischio di essere troppo sicuri di sé e di essere tentati di manipolare il veganismo, strumentalizzandolo per scopi considerati “più grandi”, sopravvalutando la propria capacità di conoscere e di capire le conseguenze, e promuovendo scelte sbagliate e non in linea col veganismo attraverso la convinzione che “il fine giustifichi sempre i mezzi”.

Nessun approccio basato su una teoria etica o su un’altra deve prevalere rispetto al significato stesso del veganismo come posizione etica, o peggio, rispetto all’importanza che ha l’efficacia del movimento vegan.

Per ora, la maggior parte dei problemi nel movimento vegan legati alle differenti teorie etiche normative provengono da persone con un approccio strettamente consequenzialista, le quali arrivano talvolta persino a contrastare il veganismo stesso, o a distorcerne il significato spingendosi fino a giustificare lo sfruttamento e la crudeltà verso gli animali, descrivendoli come “mali necessari” per raggiungere un “bene più grande”. Paradossalmente, il fine di queste persone è proprio quello di salvare animali e di ridurre la loro sofferenza. Credono di aver capito qual’è il modo migliore di salvarne il numero maggiore possibile, e per farlo sono disposti a sacrificarne altri: a volte promuovere lo sfruttamento degli animali e la crudeltà verso di loro viene visto come un mezzo per raggiungere questo fine.

Degenerazioni di questo tipo non sono inevitabili quando si adotta un approccio strettamente consequenzialista, ed esistono problemi per certi versi simili anche da parte di persone che adottano un approccio strettamente deontologico o strettamente basato sull’etica della virtù.

Il veganismo si presta maggiormente ad un’interpretazione deontologica, dato che implica dei doveri categorici in contrasto ad una particolare ingiustizia, ma questo non significa che non possa essere adottato anche con un’interpretazione strettamente consequenzialista (o solo basata sull’etica della virtù).

Fintanto che si è contrari a fare intenzionalmente del male agli animali, oltre che a considerarli e trattarli come risorse per gli esseri umani, e fintanto che si evita di partecipare al loro sfruttamento e alla crudeltà verso di loro senza eccezioni, allora si è vegan, a prescindere dalla teoria etica con cui si giunge a questa convinzione.

Caratterizzare un determinato approccio etico normativo con i suoi rischi e con le sue possibili degenerazioni allo scopo di denigrarlo e di avvantaggiarne un altro, non porta a capire meglio il veganismo e a difenderlo, anzi porta ad aumentare le possibilità che si realizzino i rischi e le degenerazioni legate alla propria teoria etica di riferimento.

Una cosa che tentano di fare spesso coloro che vorrebbero imporre una certa teoria etica come unica interpretazione possibile del veganismo, è imporre una precisa definizione conforme al proprio modo di ragionare.

Ma da cosa dipende la definizione di una posizione etica come il veganismo?

Ci sono diversi punti di vista attraverso i quali poter dare una definizione. Il più rilevante è probabilmente il modo in cui la posizione è stata definita dal suo creatore. Ma anche i contributi di certi personaggi di spicco hanno la loro importanza, assieme al modo in cui si è sviluppata come movimento sociale, a come viene comunemente intesa, e anche dalla sua chiarezza e coerenza logica, dalla sua aderenza alla realtà e dall’efficacia nel perseguimento dei suoi obbiettivi.

Per molti motivi non sempre è possibile dare una definizione univoca di una posizione come il veganismo. Ad esempio chi le ha dato un nome o l’ha definita per la prima volta può aver dato definizioni diverse, oppure possono esserci state più figure chiave che hanno contribuito a diffonderla e a plasmarne il significato, come infatti è avvenuto per il veganismo.

Sarebbe utile avere una definizione univoca, precisa, semplice ed efficace, ma perché una posizione etica possa essere identificata e non fraintesa questo non è sempre necessario, senza contare che difendere una specifica definizione può facilmente portare a dibattiti sterili e causare inutili conflitti.

Fintanto che al significato del veganismo non vengono attribuite idee fuorvianti e deleterie per gli animali, questo termine (e la posizione etica a cui fa riferimento) può comunque essere compreso con un sufficiente grado di precisione senza venire distorto, inquinato da idee sbagliate o strumentalizzato per altri fini.

Esistono alcuni concetti chiave attraverso cui è possibile identificare il veganismo anche in assenza di una definizione, quali: il rispetto degli animali come dovere morale; la contrarietà all’idea degli animali come proprietà o risorse per gli esseri umani; la convinzione che gli animali dovrebbero essere liberi dal dominio umano; e la non partecipazione a qualsiasi forma di sfruttamento e di crudeltà su animali, non vista come un’opzione lodevole, ma come parte della decenza morale umana, dovuta alla convinzione che questi comportamenti siano categoricamente sbagliati. E chiaramente col termine ‘animali’ si fa riferimento a tutti gli esseri senzienti non-umani.

Per il resto bisognerà argomentare e chiarire volta per volta, cercando tutti quanti di ragionare correttamente, di non farci condizionare troppo dagli altri o dalle nostre emozioni, e trovando la giusta via di mezzo tra la troppa apertura e la troppa chiusura ai diversi approcci e alle diverse interpretazioni.

 

Pagina di Animal Ethics sulle teorie etiche e gli animali non umani:

https://www.animal-ethics.org/teorie-etiche-e-animali-non-umani/