09 maggio 2023

La Discriminante della Coscienza e della Senzienza

Sempre più spesso si sente parlare di esseri senzienti. E’ senza dubbio un bene che si inizi a conoscere questo termine, ma il suo significato esatto non è scontato come può sembrare.
La senzienza è la ‘sensibilità’ o ‘capacità di avere sensazioni'. Si tratta di un concetto molto vicino a quello di ‘coscienza’ intesa come la capacità di avere esperienza. Un essere senziente è, per la precisione, un essere cosciente che è in grado di avere esperienze con una connotazione positiva e negativa.

Fino a prova contraria non esistono specie i cui membri sono coscienti ma non senzienti, pertanto l’uso dei termini ‘coscienza’ e ‘senzienza’ come sinonimi è accettabile quando si parla di specie differenti messe a confronto.

Sono temi poco conosciuti per cui non di immediata comprensione. Ad aggiungere confusione c’è l’uso scorretto delle parole: spesso si usa il termine ‘autoconsapevolezza’ al posto di ‘coscienza’. Questo certamente non aiuta a comprenderne il significato.

Prima di tutto va chiarito che il concetto di consapevolezza non equivale a quello di coscienza.
Infatti la coscienza è la capacità di avere esperienze in senso generale, mentre la consapevolezza è il frutto di un’elaborazione relativa ad aspetti particolari dell'esistenza, come ad esempio la consapevolezza delle proprie capacità.

La coscienza è ciò che determina l’esistenza stessa di un individuo: è ciò che fa di un essere non un mero oggetto dell’altrui esperienza ma il soggetto della propria esperienza e che quindi distingue l’essere qualcosa dall’essere qualcuno.

L’autoconsapevolezza invece non è altro che l’idea che un individuo ha di sé, una caratteristica che può essere presente in forme anche molto diverse tra i membri della stessa specie, nonché di specie differenti. Non è necessaria l’autoconsapevolezza perché un individuo esista e sia in grado di avere delle sensazioni.

In altre parole un individuo esiste, e le sue esperienze sono per lui importanti, a prescindere dalla concettualizzazione della propria esistenza.

La presunta assenza di autoconsapevolezza negli animali non umani viene usata a volte come pretesto per discriminarli, attribuendo questa capacità solo agli umani e considerandola erroneamente come la fonte del valore etico e dei diritti morali fondamentali di un individuo.

Il termine coscienza è anche usato per indicare la capacità di distinguere il bene dal male.
In questo caso la coscienza è intesa come ‘intuizione o consapevolezza morale’. Nella lingua inglese invece esistono due differenti termini per distinguerne i significati: si usa ’conscience’ per il concetto di ‘consapevolezza morale’, mentre per indicare la coscienza intesa come ‘capacità di avere esperienze’ si usa ‘consciousness’.

Un’altra formula usata spesso in modo scorretto è quella di ‘esseri viventi’ al posto di ‘esseri coscienti/senzienti’.
Questo probabilmente è dovuto al significato che di solito attribuiamo alla parola ‘vita’.
Un ‘essere che vive’ viene inteso come un essere che ha esperienza. In realtà un essere vivente non è per forza un essere cosciente. Infatti si tratta solo di un organismo, come possono esserlo ad esempio le alghe o le muffe. Esistono molti organismi viventi che non sono esseri coscienti.

Persino l'organismo di un animale può essere tenuto in vita dopo la perdita permanente della coscienza dovuta a morte cerebrale.

C’è poi una precisazione da fare sul termine ‘animali’: mentre in contesti non scientifici, quando si parla di animali si fa riferimento agli esseri coscienti/senzienti non umani, in contesti scientifici gli animali sono tutti quegli organismi che hanno determinate caratteristiche biologiche in virtù delle quali vengono classificati come appartenenti al regno animale.

Le due cose non sono del tutto sovrapponibili.
Infatti tutti gli esseri coscienti sulla Terra appartengono al regno animale, ma non tutti gli organismi che appartengono al regno animale sono coscienti.

Sul piano etico ciò che importa non è l’appartenenza al regno animale ma la coscienza e la senzienza: le uniche vere discriminanti quando si tratta di valore etico e di diritti morali fondamentali.

In base a cosa si distinguono gli organismi coscienti da quelli non coscienti?

Fondamentalmente in base alla presenza di un cervello, o comunque di un sistema nervoso centralizzato, che sia sufficientemente e opportunamente complesso nonché “funzionante”.
Esistono ulteriori indicatori fisiologici, come l’attivazione di meccanismi di soppressione endogena del dolore, e i nociocettori, strutture in grado di rilevare gli stimoli sensoriali legati a potenziali danni ai tessuti.

Ci sono casi in cui gli indicatori fisiologici non offrono una sufficiente sicurezza sulla possibilità che gli organismi di una specie siano coscienti.
Nel tentativo di fare chiarezza, oltre all’aspetto fisiologico, vengono usati anche quello comportamentale e quello evolutivo.

Dal punto di vista comportamentale si osserva il modo in cui l’organismo reagisce agli stimoli, se scappa dai pericoli, se cerca le risorse e soprattutto se dimostra di aver memorizzato elementi vantaggiosi e svantaggiosi.

Per quanto riguarda l’aspetto evolutivo si indaga sulla possibilità per gli organismi di una determinata specie di sopravvivere e di riprodursi in modo sufficiente da non estinguersi anche in assenza di coscienza. In altre parole si cerca di capire quanto sia determinante la coscienza per l’esistenza di una data specie.

Ma quali sono gli organismi non coscienti che appartengono al regno animale?

Finché non capiamo con esattezza cosa dà origine alla coscienza e tutti i modi in cui essa può manifestarsi ci sono casi sui quali non abbiamo certezze. 

Tuttavia possiamo ritenere sicuramente non coscienti le spugne in quanto sono prive di sistema nervoso. Sono invece coscienti: tutti i vertebrati, i polpi, i calamari, gli insetti, i crostacei e gli aracnidi come i ragni, tranne forse qualche rara eccezione come gli acari e alcune specie che appartengono allo zooplancton, sui quali c'è incertezza.

Tra gli organismi probabilmente non coscienti ci sono: le meduse, i coralli (anemoni), le stelle di mare e i ricci di mare.

Ci sono dubbi sui tardigradi, su alcuni vermi e su alcuni molluschi.

In particolare c’è dibattito in ambito scientifico e filosofico per quanto riguarda i molluschi bivalvi come le cozze, le vongole e le ostriche.

Alcune persone sostengono che i bivalvi non siano coscienti e che quindi non sia moralmente sbagliato mangiarli. In realtà non si sa ancora se sono coscienti oppure no, perciò non possono essere considerati come alimenti vegan. La cosa giusta da fare è non mangiarli. Non ne abbiamo bisogno. Oltretutto il loro consumo non è molto diffuso o frequente, perciò non è affatto difficile farne a meno.

In generale, quando esiste un ragionevole dubbio che un organismo possa essere cosciente ma non ne abbiamo la certezza è doveroso trattarlo ugualmente come tale perché è molto meglio sbagliare per eccesso piuttosto che per mancanza di prudenza.

Per approfondimenti visita:
www.animal-ethics.org/senzienza