04 novembre 2023

Antispecismo Intersezionalista (Argomentazioni)

Approfondimento di "Critica all'Antispecismo Intersezionale"

“Tutte le oppressioni e le discriminazioni sono interconnesse.”

E’ necessario chiarire cosa si intende con questa affermazione.
In generale comunque questo non è vero. Solo in casi specifici ci sono alcune evidenze di interconnessioni culturali, cioè per quanto riguarda quelle discriminazioni già collegate a monte perché attinenti alla stessa categoria come nel caso di sessismo, interfobia, transfobia e omofobia, le quali hanno tutte a che fare con le differenze sessuali.


“Tutte le discriminazioni e le oppressioni hanno un’unica radice comune.”

Non esiste una radice comune a tutte le discriminazioni ed oppressioni, se non l’esistenza stessa di individui di specie umana che come gli altri fanno violenza, pur avendo noi, diversamente dagli individui delle altre specie, la possibilità di farne a meno e le capacità di capire che è sbagliato. Se andiamo oltre questo criterio, la radice del problema può essere estesa all’esistenza stessa di tutta la vita senziente, o addirittura a tutto ciò che la rende possibile.


“Le ingiustizie sono solo di origine culturale.”


No, purtroppo le ingiustizie sono anche di origine naturale. L’egoismo, la paura del diverso, la brama di potere, la prevaricazione del più forte sul più debole, l’identificazione con un gruppo e la tendenza al tribalismo, sono tutte dinamiche che si manifestano anche senza l’influenza di una cultura sociale.


“E’ la cultura del dominio del più forte sul più debole.”


Il dominio del più forte sul più debole è una dinamica naturale prima che culturale.
Questo non significa che sia giusto, ovviamente, ma se alla radice delle oppressioni c’è una cultura del dominio si tratta della tendenza ad assecondare questa naturale dinamica di potere e a trovare scuse per giustificarla, nulla di molto diverso da questo.


“L’oggettificazione degli individui appartenenti a categorie oppresse e discriminate è la prova dell'esistenza di una radice culturale comune a tutte le discriminazioni ed oppressioni.”

No, è solo la prova che gli esseri umani sono in grado di considerare e trattare gli altri individui come oggetti. Questa dinamica probabilmente è funzionale o concomitante allo sfruttamento.


“Lo specismo è alla base delle discriminazioni verso categorie di umani perché un essere umano diverso e più debole è sempre stato “animalizzato” cioè considerato come non umano e per questo considerato inferiore. Se i non umani non fossero considerati inferiori allora questa animalizzazione non potrebbe essere fatta.”

Questa argomentazione inverte causa ed effetto. Se non fosse mai esistito lo specismo gli esseri umani oggetto di discriminazione sarebbero stati discriminati comunque. L’'animalizzazione' degli umani discriminati è solo una manifestazione dello specismo esistente nella società. Essendoci specismo, un individuo umano discriminato viene associato ad un individuo non-umano.


“Quando si parla di liberazione animale si deve includere anche l’umano perché gli umani sono animali.”

Quindi l’antirazzismo deve occuparsi anche dei bianchi? L’antiomofobia deve occuparsi anche delle persone con orientamento eterosessuale? No, semplicemente non deve discriminare a sua volta la categoria privilegiata (tra l’altro, nel caso dell’antispecismo la categoria privilegiata è l’umano in quanto specie, non l'umano femmina, l’umano immigrato, l'umano disabile ecc).
Quando si parla di liberazione animale, così come quando si parla di diritti animali, si sta parlando di animali non-umani (a scanso di equivoci, ovviamente animali non intesi in senso strettamente biologico ma intesi come esseri senzienti) proprio per questo si parla di liberazione animale e di diritti animali, per distinguerli dalla liberazione umana e dai diritti umani.


“L’antispecismo include necessariamente l’opposizione a tutte le altre discriminazioni esistenti e a tutte le altre forme di oppressione e di violenza.”

No, intanto perché nessuna delle categorie con cui è possibile distinguere gli esseri umani è una specie. L’opposizione ad altre discriminazioni (come l’antisessismo e l’antirazzismo) non includono l’antispecismo. Non c’è ragione per cui questo debba essere vero per l’antispecismo.
Inoltre, per la precisione, né l’antispecismo né il veganismo sono sinonimi di pacifismo o non-violenza, bensì essere antispecisti significa essere contrari alla discriminazione degli individui in base alla loro specie, ed essere vegan significa essere contrari alla crudeltà verso gli animali (non umani) e al loro sfruttamento, nient’altro che questo.


“Se discrimini umani appartenenti ad alcune categorie non puoi essere antispecista.”

Secondo questa logica non è possibile neanche essere, ad esempio, antisessisti senza essere antispecisti perché gli individui di sesso femminile appartengono a tutte le specie. Ma la logica di questa affermazione è fallace. Essere antispecisti significa essere contrari alla discriminazione degli individui in base alla loro specie non in base al loro sesso, orientamento sessuale, provenienza geografica, età o altro.


“Alcuni individui appartengono a più categorie discriminate”


Appunto alcuni, non tutti, a meno che non si estenda il concetto di discriminazione a tutte le differenze umane esistenti, ma questo non renderebbe comunque necessaria, né valida, la teoria intersezionalista così come viene presentata.


“La maggior parte degli animali sfruttati sono femmine, è per via del patriarcato.”

Non è per via del patriarcato. Non c’entra nulla il sessismo, è semplicemente perché le femmine producono latte, uova e miele e i maschi no (senza contare che per gli stessi prodotti anche i maschi vengono sistematicamente uccisi).


“La carne coltivata è un male perché perpetua l’oggettificazione del corpo degli animali.”

E’ esattamente il contrario. La carne coltivata, se prodotta in modo del tutto indipendente dagli animali e dall’allevamento, è uno strumento che contribuirà in modo significativo ad allontanare collettivamente gli umani dell’oggettificazione del corpo degli animali, sia nella teoria che nella pratica, attraverso il cambio di abitudini e dei sistemi di produzione che appunto sostituiranno gli animali. Oltre tutto lo stesso discorso lo si può fare ad esempio per le colture cellulari in vitro usate per le sperimentazioni in ambito medico.


“I vegani, non possono difendere gli animali ignorando discriminazioni come il sessismo e il razzismo perché in questo modo trascurano la causa principale dell’ingiustizia.”

Non esiste una causa comune per le ingiustizie verso umani e non umani. Il veganismo si occupa di contrastare lo sfruttamento e la crudeltà sugli animali, non le discriminazioni sugli umani.


“Come si può ottenere una liberazione totale senza eliminare tutte le discriminazioni e tutte le oppressioni?”

L’antispecismo non è sinonimo di liberazione totale, se mai di liberazione animale.
A parte questo, esistono innumerevoli discriminazioni e forme di oppressione da umani su umani, quindi, ammesso e non concesso che possano essere tutte eliminate, non è realistico pensare di affrontarle tutte insieme.


“Non siamo giustificati a rigettare l’intersezionalismo e a sostenere che non sia realizzabile.”

Non solo siamo giustificati a farlo ma è doveroso rigettare l’intersezionalismo ed è giusto constatare che non è realizzabile così come viene inteso.


“Non è possibile progredire significativamente nel superamento di una discriminazione senza progredire anche nel superamento di tutte le altre.”

Non c’è prova che questo sia vero, soprattutto tra specismo e discriminazioni verso categorie di umani. Ogni discriminazione viene percepita in modo a sé stante dalle persone per cui va contrastata in modo specifico. Il progresso nel superamento di una o più discriminazioni non deve far pensare che ciò porti allo stesso progresso anche nel superamento di tutte le altre, o che lo renda più facile, perché sarebbe un’illusione.
Al contrario, esistono anche dinamiche di competizione tra categorie per l’inclusione sociale, dove individui appartenenti ad una categoria discriminata ne discriminano un’altra per rendere più facile il superamento della propria discriminazione.


“I movimenti intersezionalisti sono più efficaci rispetto a quelli monotematici.”

Mancano le prove a sostegno di questa affermazione. La logica suggerisce il contrario, soprattutto quando si tratta di individui non umani, perché fa perdere di vista l’obbiettivo e perché può allontanare persone altrimenti avvicinabili a causa di temi altamente divisivi e politicizzati come ad esempio quello dell’immigrazione.


“L’intersezionalismo rende il movimento per i diritti animali più efficace e il veganismo collettivo più raggiungibile.”

No, è vero il contrario. L’intersezionalismo rende il movimento per i diritti animali meno efficace e il veganismo collettivo meno raggiungibile perché allontana risorse in termini economici e di impegno degli attivisti, diluisce il messaggio vegan e lo rende meno efficace, meno attrattivo e più respingente per il pubblico. Infine crea forti divisioni all’interno del movimento, rendendolo meno influente.


“Le campagne monotematiche sono ideologicamente problematiche ed empiricamente controproducenti.”

Non è vero. E’ proprio l’intersezionalismo ad essere ideologicamente problematico ed empiricamente controproducente.”


“Dovremmo usare la shwa nelle iniziative per gli animali.”

E’ sbagliato far sentire gli attivisti vegan in dovere di utilizzare la shwa o altre forme di linguaggio poco conosciute e per niente familiari alla maggior parte delle persone nelle iniziative per gli animali, se il nostro scopo è quello di aiutarli, visto che la shwa è uno strumento finalizzato ad interessi umani: agli animali questo non serve. Il tipo di comunicazione spesso usata dagli intersezionalisti non è efficace e può avere un effetto respingente. Invece dovremmo cercare di essere chiari e di avvicinare le persone al movimento.


“Dovremmo destinare parte dei fondi a cause estranee a quella antispecista.”

No, non dovremmo. La questione carnista e specista è la più ignorata e il movimento per i diritti animali ha quindi meno risorse, anche economiche; è la più urgente, la più diffusa, la più trascurata, anche se quella in cui si può ottenere di più, la più violenta sia in termini di sofferenza causata che per il numero di vittime (imprigionate, torturate e uccise); queste vittime hanno solo il movimento per i diritti animali dalla loro parte e hanno disperatamente bisogno di tutta la sua energia e delle sue risorse.
Ci sono stati anche casi in cui parte delle donazioni ricevute per gli animali sono state destinate a cause per i diritti umani senza prima rendere nota al pubblico questa intenzione e questo è doppiamente scorretto. Ognuno ha il diritto di destinare i fondi alle cause benefiche che vuole, ma è doveroso essere chiari sulla destinazione dei fondi quando si raccolgono donazioni.


“Abbiamo una responsabilità nei confronti di discriminati, emarginati e oppressi anche se non siamo noi la causa della loro emarginazione, discriminazione ed oppressione.”

Per chi crede che abbiamo il dovere morale di lottare contro le ingiustizie anche quando non siamo noi a causarle potrebbe essere vero, sebbene esistano valide ragioni per dedicare le proprie energie agli animali in modo quanto meno prioritario. Ma non tutti ritengono che sia doveroso lottare contro le ingiustizie di cui non si è la causa. Questo secondo punto di vista è leggittimo, è condivisibile e va rispettato.


“E’ importante che gli attivisti per i diritti degli animali si oppongano in modo esplicito a tutte le ingiustizie, e che boicottino tutte le realtà che non lo fanno.”


Opporsi alle ingiustizie è giusto e meritorio ma non dobbiamo pretendere che gli attivisti per i diritti animali lo facciano, ne’ durante le iniziative ne’ separatamente. Prendere posizione contro discriminazioni e altre ingiustizie all’interno del movimento per i diritti animali può essere necessario, ma ciò va inteso come una componente del rispetto degli altri nelle relazioni umane e non come una componente dell’antispecismo o del movimento stesso.
Addirittura affermare che è importante boicottare tutte quelle realtà che non lo fanno è arrogante e gravemente dannoso per gli animali. Questo significa alimentare le ingiustizie, non contrastarle.


“I non umani stanno facendo una resistenza verso la loro oppressione.”


Con resistenza si intende un movimento o comunque un’organizzarsi di più individui contro la loro oppressione, perciò non si può dire che gli animali stiano facendo una resistenza perché per quanto ne sappiamo non sono in grado di organizzarne una. Al limite possono scappare e aiutarsi nel farlo in casi specifici ma non in modo organizzato.


“I vegani lottano come alleati degli animali; gli intersezionalisti fanno la stessa cosa perché si tratta di lottare come alleati di individui umani che appartengono a categorie oppresse.”

No, sono cose diverse per vari motivi. In particolare perché gli umani hanno molto più potere degli animali di difendersi, e sono sottoposti ad oppressioni meno gravi, meno diffuse e meno ignorate rispetto ai non umani.


“Il movimento vegano antispecista ha molto da comunicare agli altri movimenti, ma dobbiamo ricordare che anche gli altri movimenti hanno molto da comunicare a noi.”

Questo non è esatto perché il mondo, soprattutto in occidente, è già ampiamente contrario alle discriminazioni comunemente citate dagli intersezionalisti (ovviamente con eccezioni e gradi diversi di diffusione e gravità). Lo specismo è lontanissimo da queste discriminazioni per gravità e diffusione.


“E’ ovvio che non ci possa essere liberazione animale senza liberazione umana perché quale soggetto può liberare gli animali non umani se lui stesso non è capace di gestire la sua vita.”

Gli esseri umani non sono imprigionati alla nascita, selezionati geneticamente per essere produttivi causando disagi e malattie, venduti e trasportati come merci, e sistematicamente mutilati, torturati e uccisi quando non più produttivi. Un essere umano che non sia in condizioni di difficoltà estrema, con un minimo di salute e benessere mentale, e un minimo di disponibilità economica può fare attivismo per gli animali.


“E’ doveroso essere inclusivi, quindi è doveroso essere intersezionalisti.”

Essere inclusivi non significa essere intersezionalisti, anzi! Gli intersezionalisti escludono tutti coloro che non condividono la loro teoria e le relative posizioni politiche (cioè di sinistra e libertarie) e che non sono disposti a diventare quelli che chiamano “degni alleati” delle altre cause per individui umani oppressi e discriminati.


“Non contrastare le ideologie discriminatorie all’interno di gruppi e associazioni equivale a mettere a rischio l’inclusione e la sicurezza di individui appartenenti a minoranze.”

Questa è un’esagerazione. Ovvio che non si deve discriminare e che in generale non bisogna essere ingiusti verso gli altri attivisti e il pubblico - ma nel senso generale del rispetto per gli altri, senza ossessioni per determinati tipi di ingiustizie.


“Dovremmo sempre includere altre categorie oppresse nelle iniziative per gli animali.”


No, non dovremmo. E’ importante concentrarsi solo sui non umani, i cui diritti sono i più violati e trascurati e a cui appartengono il maggior numero di vittime. Ed è un problema a cui tutti noi umani possiamo porre rimedio semplicemente diventando vegan.
Le cause delle ingiustizie verso umani e non umani sono diverse.
I diritti dei non umani hanno dignità e valore in sé, non c’è bisogno di occuparsi degli esseri umani per dare valore alle iniziative per gli animali. Tra l’altro non tutte le lotte per categorie umane oppresse vengono percepite favorevolmente e questo può danneggiare la causa animale. Chi vuole lottare per categorie di umani oppressi dovrebbe farlo separatamente. Non c’è ragione di mescolare le cose. Nel mondo c’è già moltissimo che riguarda gli interessi umani. Gli animali hanno bisogno di un movimento che si batta solo per loro. Inserire gli interessi e i diritti umani anche nel movimento per i diritti animali è sintomo di antropocentrismo.


“I gruppi di attivisti che non sono intersezionalisti sono comunità tossiche”

Non è vero. Questo è solo un modo per ricattare i gruppi di attivisti facendoli sentire in dovere di abbracciare l’intersezionalismo. Al contrario, è proprio l’intersezionalismo ad essere un elemento di tossicità, come ad esempio attraverso: la proiezione delle proprie colpe sugli altri, il vittimismo, il protagonismo, l’opportunismo, l’alimentare divisione e conflitti, la competizione per chi è più discriminato per avere più potere e voce in capitolo, la falsità, la confusione, i ricatti morali, gli inganni, la manipolazione, l’esclusione dei vegani non intersezionalisti e non di sinistra, le recriminazioni, i tabù, l’arroganza, la superbia, la svalutazione dei diritti animali e del loro sfruttamento e i danni al movimento; tutti elementi propri dell’intersezionalismo e tossici per una comunità.


“I vegani più privilegiati non dovrebbero cercare di imporre il veganismo a gruppi vulnerabili.”

Prima di tutto va detto che nessun vegano cerca di imporre il veganismo a nessuno, non perché sia sbagliato ma perché non è fattibile. L’appartenenza ad un “gruppo vulnerabile” comunque si voglia intendere questo concetto (non necessariamente sono tutti d’accordo su cosa sia un gruppo vulnerabile e su quali categorie debbano rientrarvi) non dà il via libera alla crudeltà e allo sfruttamento di animali senza necessità.


“Alcune categorie di umani non hanno la responsabilità di essere vegan. Questi casi includono: persone con disturbi alimentari, minoranze o gruppi considerati vulnerabili con tradizioni legate o meno alla spiritualità, comunità molto povere.”


Non c’è giustificazione per la crudeltà sui non umani. Bisogna sempre chiedersi se la violenza verso individui non umani che consideriamo moralmente accettabile la giudicheremmo allo stesso modo se fosse fatta verso individui umani. Se la risposta è no allora c’è specismo (altro che antispecismo!).


“Non possiamo immaginare un mondo dove gli animali sono liberi e gli umani no.”

Se con questa affermazione si intende dire che non è possibile un mondo dove gli animali sono liberi dallo sfruttamento e gli umani no, va prima di tutto considerato il fatto che gli esseri umani in quanto specie sono già liberi da uno sfruttamento simile a quello riservato ai non umani. Non ci sono ragioni per credere che gli animali possano essere liberati solo quando tutti gli esseri umani sono liberi da ogni forma di oppressione e discriminazione. Non c’è ragione di subordinare l’oppressione che subiscono gli animali a quella che subiscono gli esseri umani.

Se invece con questa affermazione si intende dire che un mondo del genere non è desiderabile allora questa idea mette in evidenza lo specismo di chi la afferma (al contrario di quanto viene professato). Cosa ci sarebbe di male se si migliorassero le condizioni per gli individui appartenenti ad una categoria? Ben venga se almeno per quella categoria abbiamo migliorato le cose. I non umani sono la categoria di individui più oppressa in assoluto, quindi la loro liberazione è tutt’altro che irrilevante. Oltretutto liberare gli animali non priva gli esseri umani di nulla. Il movimento per i diritti animali è finalizzato proprio alla loro liberazione. Questa affermazione mette in dubbio la finalità stessa del movimento, come a dire che gli individui non umani non sono abbastanza importanti, nonostante siano quelli più oppressi in assoluto, e rivela antropocentrismo.

 

Ultimo aggiornamento: 4 novembre 2023