Si tratta di cellule staminali prelevate da animali vivi che vengono coltivate all’interno di bioreattori, simili a quelli utilizzati per la fermentazione del vino o della birra, alimentate da un terreno o brodo di coltura e sostenute da un’impalcatura organica per creare i prodotti di carne comunemente consumati.
In una prima fase, come brodo di coltura si è usato il siero di feto bovino ma è stato quasi subito sostituito da ingredienti vegan.
La stessa cosa sembra stia avvenendo per i materiali usati con le tecniche che sfruttano un’impalcatura come supporto ai tessuti: al posto del collagene e della gelatina si usano sempre più spesso opzioni senza crudeltà come alcuni materiali derivati dalla cellulosa.
Molti prodotti sono ancora in una prima fase di ricerca e sviluppo ma esistono già carni coltivate di bovino, suino, pollo, tacchino, anatra e varie specie di pesci. Presumibilmente tutti i tipi di carne, compresa quella di specie acquatiche, potranno essere ricreate.
Rispetto alla carne da animali allevati è più sicura perché è meno esposta al rischio di contaminazione da parassiti e microrganismi, non contiene pesticidi e altre sostanze sintetiche presenti nella carne da allevamento, e può essere creata con una percentuale inferiore di grassi dannosi.
Viene lanciata e promossa soprattutto per questioni ambientali, economiche e sanitarie.
Gli investimenti a livello mondiale sono in crescita. C’è ragione di credere che la tecnologia continuerà ad essere sviluppata, i prodotti miglioreranno in qualità e i costi diventeranno accessibili, forse anche più convenienti rispetto a quelli della carne da allevamento.
Attualmente solo Singapore ne ha autorizzato la vendita. Probabilmente Israele e Stati Uniti saranno i prossimi: in Israele è stata data l’autorizzazione ad un ristorante in via eccezionale, mentre negli Stati Uniti è in corso l’iter di approvazione.
Ci si aspetta che, in quanto ‘novel food’, alcuni tipi di carne coltivata vengano presto sottoposti alla procedura per la messa in commercio da parte della Commissione Europea su parere dell’EFSA. In attesa delle prime richieste d’autorizzazione l’Europa, luogo d’origine della carne coltivata, sta organizzando diverse iniziative per promuoverne lo sviluppo e la diffusione.
Nonostante la sua commercializzazione non sia ancora stata approvata, la prospettiva di un futuro in cui la carne coltivata acquisirà parti di mercato della carne macellata sta preoccupando gli imprenditori dell’industria zootecnica.
In Italia l’associazione di categoria che li rappresenta, Coldiretti, ha ottenuto dal governo in carica, a guida Fratelli d’Italia, il divieto di produrre e vendere carne coltivata. Ad oggi l’Italia è l’unico paese al mondo ad averlo fatto.
Dopo che la Commissione Europea ne avrà approvato la commercializzazione, se la legge non venisse modificata per permetterne la vendita, si andrebbe sicuramente incontro a gravi penalizzazioni dal punto di vista economico e finanziario poiché i trattati impongono la libera circolazione delle merci tra i paesi dell’Unione.
Per questo è molto improbabile che si decida di mantenere in vigore questo divieto, almeno per quanto riguarda la vendita.
In realtà quasi certamente la carne coltivata verrà venduta anche in Italia e alla fine, probabilmente, questa legge non farà altro che rallentare l’impresa Italiana nel settore della carne coltivata finché non riuscirà a recuperare il terreno perso.
I detrattori della carne coltivata la chiamano ‘carne sintetica’ perché è un termine che fa leva sulla diffidenza dei consumatori, ma la sintesi chimica non c’entra.
Infatti una sostanza sintetica è un nuovo composto creato mediante reazioni chimiche eseguite in modo artificiale. La carne coltivata non è sintetica come non lo sarebbero organi in vitro creati in laboratorio per i trapianti, e come non lo sono le colture cellulari usate per sperimentazioni in ambito medico.
Una critica avanzata è quella che la carne di animali pescati o allevati sarebbe più naturale di quella coltivata.
Ha senso considerare più naturale un prodotto che deriva da un sistema estremamente distruttivo, in cui gli animali vengono resi malati e incapaci di sopravvivere già solo a causa della selezione genetica? O dove la pesca è talmente intensiva da mettere a rischio interi ecosistemi mentre gli animali sono pieni di metalli pesanti e microplastiche?
Ma anche se la carne macellata potesse davvero essere considerata più naturale non sarebbe ugualmente giusto ostacolare l’opportunità che la carne coltivata offre, di risparmiare atroci sofferenze agli animali.
Attualmente la tecnologia prevede che le cellule vengano prelevate dal muscolo di un animale tramite biopsia. In un caso sono state ricavate dalla piuma di un pollo.
Il problema non sarebbe l’operazione in sé, la quale è abbastanza rapida e poco dolorosa, bensì il rischio che venga creato un nuovo settore crudele. Infatti, se rimanesse necessario prelevare continuamente nuove cellule da animali vivi potrebbero essere creati allevamenti finalizzati proprio a questo scopo. Questi individui sarebbero certamente allevati in numero inferiore rispetto a quelli attuali ma finirebbero comunque sfruttati e uccisi. I prelievi potrebbero essere fatti su animali già allevati dall’industria zootecnica per la loro carne ma, in un simile scenario, nulla impedirebbe la creazione di allevamenti ad hoc.
In realtà il prelievo di cellule da animali vivi sta rapidamente diventando obsoleto. Infatti stanno già venendo sviluppati i primi sistemi per far riprodurre le cellule all’infinito, perciò senza bisogno di prelievi di alcun tipo.
Sembra che il destino dei prodotti dell’agricoltura cellulare di derivazione animale sia proprio questo: si svincoleranno presto dalla dipendenza dall’allevamento diventando definitivamente un’alternativa cruelty-free.
Non solo carne (e pesce) ma anche latte, uova e persino miele senza allevare e uccidere nessun animale.
Certo, non si tratta di prodotti necessari per la vita e la salute umana ma potrebbe essere l’unico modo per abolire la crudeltà sugli animali.
E’ molto difficile che la maggior parte della gente decida di smettere di mangiare carne, latte e uova in un mondo come quello attuale. Servono tutti gli aiuti possibili affinché gli animali non siano più sfruttati e uccisi. I prodotti da agricoltura cellulare sono uno strumento fondamentale per disabituare l’umanità all’idea che sia normale ucciderli per mangiarli.
Attualmente i paesi più poveri non hanno la possibilità economica per realizzare tale produzione, ma questo non significa che non possano farlo in un prossimo futuro. Inoltre se i paesi più ricchi iniziano a farlo ora, grazie al risparmio di risorse e alla riduzione dell’impatto ambientale, possono essere evitati ulteriori danni, i quali coinvolgerebbero soprattutto questi paesi.
Qualcuno si chiede se i prodotti animali coltivati possano essere considerati vegani.
Tecnicamente sì per quanto riguarda quelli del tutto privi di parti che derivano direttamente da animali, tuttavia non si tratta di prodotti dedicati ai vegani.
E’ vero, le persone potrebbero mangiare questi alimenti e considerarsi comunque vegane, e alcune lo faranno. Non c’è nulla di male in questo. Ma molte altre presumibilmente no. Questo per abitudine, perché sanno che non ne hanno bisogno e poi perché non ne hanno nemmeno più voglia. I vegani hanno imparato che possono mangiare tanti buoni piatti 100% vegetali e ormai non vedono più i prodotti animali come cibo. Inoltre, emotivamente, molti di noi li associano comunque agli animali torturati.
Con buona probabilità la scelta migliore è quella di evitare anche questi prodotti mantenendo viva la testimonianza che gli esseri umani sono tranquillamente in grado di farne a meno, senza comunque giudicare in modo negativo una scelta differente.
In ogni caso il target di questi prodotti non sono i vegani ma le persone che si ostinano a voler consumare i prodotti di origine animale.
La carne coltivata potrà essere utilizzata anche per sfamare gli animali carnivori di cui ci prendiamo cura: una risorsa importante per far fronte a questo problema.